Il 6 maggio 1931, Gaston Doumergue, Presidente della Repubblica, accompagnato dal maresciallo Lyautey, organizzatore della manifestazione, con molti dignitari francesi e stranieri, inaugura a Parigi, nel Bois de Vincennes, l’Esposizione Internazionale delle Colonie e dei paesi d’Oltremare.
Per oltre sei mesi, fino al 15 novembre, l’Impero francese, 22 volte più grande della stessa Francia, abbaglia circa otto milioni di visitatori venuti a vedere lo splendore esotico e la "prodigiosa attività del nostro impero d'oltremare, il suo sviluppo unico, la sua ricchezza attuale e le prospettive che apre alle nostre attività e le nostre aspettative", ha detto Lyautey nel suo discorso inaugurale. "La colonizzazione è un fenomeno essenziale, - dichiara Paul Reynaud, ministro delle Colonie - perché è nella natura delle cose che un popolo che ha raggiunto il nostro livello di sviluppo si volge verso quei paesi che sono ad un livello più basso per innalzarli al loro… Mentre la lotta economica è sempre più difficile, le colonie francesi insegnano il coraggio e fiducia.” Il medesimo stato d'animo è espresso senza mezzi termini dal senatore italiano, il Principe di Scalea1, che a nome dei delegati esteri celebra "l'odissea omerica della razza bianca che, avendo ormai raggiunto ogni angolo del mondo, trasforma interi continenti barbari in regioni civilizzate". Anche la Chiesa cattolica si unisce alle celebrazioni. Il cardinale Verdier vanta "il genio potente e colonizzatore della nostra amata Francia". Pochi giorni prima l'apertura dell’esposizione di Vincennes i surrealisti stampano e distribuiscono un volantino: "Non visitate l'Esposizione Coloniale". Qualche giorno dopo stampano e diffondono un altro volantino: "Al fuoco!". Quando, il 27 giugno un incendio distrugge il padiglione delle Indie olandesi, i surrealisti reagirono con un terzo volantino: Primo bilancio dell'Esposizione Coloniale". NON VISITATE L'ESPOSIZIONE COLONIALE
Alla vigilia del primo maggio 1931 e all’antivigilia dell’inaugurazione dell’Esposizione Coloniale lo studente indocinese Tao è stato rapito dalla polizia francese.
Chiappe2, per colpirlo, utilizza il falso e la lettera anonima. Dopo il tempo necessario per prepararsi a far fronte a qualsiasi eventuale agitazione, si viene a sapere che questo arresto, motivato come preventivo, non è che il preludio per estradarlo in Indocina. Il crimine di Tao? Essere membro del Partito Comunista, che in Francia non è affatto un partito illegale, ed essersi permesso di manifestare davanti all’Eliseo contro l’esecuzione di quaranta Annamiti. L’opinione pubblica mondiale si è commossa invano per la condanna a morte di Sacco e Vanzetti. Quanto a Tao, consegnato all’arbitrio della giustizia militare e della giustizia dei mandarini, non abbiamo più nessuna garanzia per la sua vita. Questo grazioso alzarsi di sipario sull’Esposizione di Vincennes era proprio quello che ci voleva. L’idea del brigantaggio coloniale (la parola era brillante e non eccessivamente forte), che risale al diciannovesimo secolo, è una di quelle idee che non hanno avuto fortuna. Ci si è serviti dei capitali in eccesso per spedire in Africa e in Asia, navi, pale e picconi, grazie a cui c’è finalmente anche laggiù di che lavorare per un salario, e questo denaro lo si presenta volentieri come un dono fatto agli indigeni. E’ dunque naturale, si presume, che il lavoro di questi milioni di nuovi schiavi ci abbia dato dei mucchi di oro che ora sono di riserva nei sotterranei della Banca di Francia. Ma il fatto che il lavoro forzato – ovvero libero - presieda a questo scambio mostruoso, che gli uomini i cui costumi, per quanto cerchiamo di saperne attraverso testimonianze raramente disinteressate, li hanno mantenuti a dir poco meno pervertiti di noi, e forse anche illuminati come noi non lo siamo più sui veri scopi della specie umana, della conoscenza, dell’amore e della felicità umana; che questi uomini da cui ci differenzia solo la nostra qualità di bianchi, e che noi, uomini senza colore chiamiamo, ”uomini di colore”, sono stati costretti solo dal potere della metallurgia europea, nel 1914, a rimetterci la pelle per un lurido monumento funerario collettivo – era del resto, se non ci inganniamo, un’idea francese, rispondeva ad un calcolo francese – ecco quanto ci permette di inaugurare, anche a noi, a modo nostro, l’Esposizione coloniale e di considerare dei rapaci tutti gli zelatori di una simile impresa. I Lyautey3, i Dumesnil4, i Doumer5 che si impongono oggi in questa stessa Francia del Moulin Rouge, non sono al loro primo carnevale di scheletri. A Parigi, qualche giorno fa si è letto un manifesto non lacerato in cui Jacques Doriot6 veniva presentato come responsabile dei massacri d’Indocina. Non lacerato. Il dogma dell’integrità del territorio nazionale, invocato per dare a questi massacri una giustificazione morale, è basato su un gioco di parole che non basta a far dimenticare che nelle colonie non c’è settimana senza uccisioni. > |
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La presenza sul palco inaugurale dell’Esposizione Coloniale del Presidente della Repubblica, dell’Imperatore dell’Annam, del Cardinale Arcivescovo di Parigi e di parecchi governatori e vecchi soldatacci, di fronte al padiglione dei missionari come davanti a quello della Citroën e della Renault, esprime chiaramente la complicità dell’intera borghesia nella nascita di un concetto nuovo e particolarmente insopportabile: la “Grande Francia”.
E’ per radicare questo concetto-truffa che sono stati costruiti i padiglioni dell’Esposizione di Vincennes. Si tratta di dare ai cittadini della metropoli la coscienza di proprietari di cui avranno bisogno per ascoltare senza vacillare l’eco delle fucilate lontane. Si tratta di annettere al dolce paesaggio della Francia, cui già durante la guerra aveva conferito molto maggior rilievo una canzone sulla capanna di bambù, una prospettiva di minareti e di pagode. A proposito, non abbiamo dimenticato il bel manifesto per il reclutamento dell’esercito coloniale: una vita facile, donne nere con grandi tette, il sottufficiale elegantissimo nel suo completo di lino va a spasso sul rischiò trascinato dall’indigeno - l’avventura, la carriera. Niente, del resto, è stato risparmiato in questa pubblicità: un sovrano indigeno in persona verrà a battere la grancassa alla porta di questi palazzi di cartapesta. La fiera è internazionale, ed ecco come la questione coloniale, nel discorso inaugurale definita come questione europea, diviene un fatto acquisito. Piaccia o no allo scandaloso Partito Socialista e alla gesuitica Lega dei Diritti dell’Uomo, sarebbe un po’ troppo se noi distinguessimo tra un modo buono e cattivo di colonizzare. I pionieri della difesa nazionale in regime capitalista, l’immondo Boncour7 in testa, possono essere fieri del Luna Park di Vincennes. Tutti coloro che si rifiutano in ogni momento di essere i difensori delle patrie borghesi, sapranno opporre al loro gusto per le feste e per lo sfruttamento l’atteggiamento di Lenin che, per primo, all’inizio di questo secolo ha riconosciuto nei popoli coloniali gli alleati del proletariato mondiale. Ai discorsi e alle esecuzioni capitali rispondete esigendo l’immediata evacuazione delle colonie e la messa sotto accusa dei generali e dei funzionari responsabili dei massacri dell’Annam, del Libano, del Marocco e dell’Africa Centrale. Firmatari: André Breton, Paul Eluard, Benjamin Peret, George Sadoul, Louis Aragon, René Char, Yves Tanguy, Pierre Unik, Andre Thirion, René Crevel, Maxime Alexandre George Malkin.- * Abbiamo ritenuto nostro dovere rifiutare, per questo manifesto, le firme dei nostri compagni stranieri. |
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1 (n.d.r.) Pietro Lanza di Trabia, principe di Scalea era figlio del senatore Francesco, secondogenito del principe Pietro Lanza Branciforte di Scordia, Trabia e Butera, e rampollo di una delle più antiche famiglie nobiliari di Palermo. Laureato in Giurisprudenza, nel 1920 costituì il Partito agrario siciliano e nel 1922 fu nominato Ministro della guerra (26 febbraio-1º agosto 1922) nel Governo Facta I. Nel 1923, dopo la Marcia su Roma, aderì al Partito Nazionale Fascista. Nel 1924 fu chiamato a reggere il Ministero delle Colonie nel governo Mussolini (1º luglio 1924-6 novembre 1926). Fu membro del Gran Consiglio del Fascismo dal 1924 al 1926. Nel 1929 fu nominato Senatore del Regno e resse la carica di Vice presidente del Senato dal 1934 al 1938.
2 (n.d.r.) Jean Baptiste Pascal Eugene Chiappe (Ajaccio, 3 maggio 1878 - Mediterraneo, 27 novembre 1940) funzionario e politico francese. Dopo aver studiato legge entra nel Dipartimento degli Interni. Direttore della sicurezza generale dal 1924, nel 1927, come Prefetto di polizia, reprime manifestazioni comuniste e coltiva amicizie con ambienti e rappresentanti della destra, come Azione francese e Maurice Pujo. Suo figlio, Horace de Carbuccia, è il direttore del settimanale nazionalista Gringoire. Molto popolare nei circoli conservatori come nel corpo della polizia, nel 1930 è responsabile della censura al film L'âge d'or di Buñuel ( il regista farà apparire il nome di Chiappe su un cartello sventolato durante la scena di una manifestazione di estrema destra nel suo film del 1964 Diario di una cameriera). 3 (n.d.r.) Louis Hubert Gonzalve Lyautey (Nancy, 17 novembre 1854 – Thorey, 27 luglio 1934) è stato un generale francese, ufficiale nelle truppe coloniali, ministro della guerra durante la Prima guerra mondiale, dal 1921 Maresciallo di Francia. 4 (n.d.r.) Jacques-Louis Dumesnil - ministro della marina. 5 (n.d.r.) Joseph Athanase Paul Doumer, conosciuto comunemente come Paul Doumer (22 marzo, 1857 – 7 maggio, 1932) era stato Governatore dell’Indocina francese dal 1897 al 1902. Nominato presidente della Repubblica francese il 13 maggio 1931, subisce un attentato mortale il 6 maggio dell’anno successivo ad opera di un tal Paul Gorguloff, un immigrato russo mentalmente instabile che verrà condannato alla ghigliottina. 6 (n.d.r.) Jacques Doriot (Bresles, 1898 – Mengen, 1945) è stato un politico e giornalista francese. Il nome di Doriot resta legato al socialismo radicale, al fascismo francese e al collaborazionismo. Operaio metallurgico, fu segretario generale della Jeunesse communiste (Movimento Giovani comunisti di Francia). Condannato per le sue posizioni contro la guerra del Rif, Doriot uscì di prigione grazie all'elezione alla carica di deputato a Saint-Denis nel 1924, città di cui diverrà sindaco nel 1930. Tre anni dopo questo testo surrealista, nel 1934, Doriot venne espulso dal Partito comunista (PCF) per aver voluto con due anni d'anticipo creare il Fronte popolare (che Mosca respingeva all'epoca), opponendosi alla politica di Maurice Thorez e del Comintern che rifiutavano qualsiasi ipotesi di fronte unico con i socialisti, orientandosi verso una certa forma di fascismo. Nel 1936 Doriot fondò il Parti populaire français (PPF) (Partito popolare francese) e il giornale La Liberté, prendendo posizione contro il Fronte popolare. Sostenitore del collaborazionismo, contribuì alla creazione della Legione dei volontari francesi contro il bolscevismo (LVF) e combatté al fianco dei Tedeschi sul fronte russo. Nel 1944 si rifugiò in Germania e tentò di fondare un Comitato di liberazione francese. Fu ucciso nel mitragliamento della sua automobile da parte di due aerei, forse di nazionalità tedesca. Secondo alcuni, Doriot sarebbe stato vittima di divergenze all'interno dello stesso partito nazista. |
7 (n.d.r.) Augustin Alfred Joseph Paul-Boncour (4 agosto, 1873 - 28 marzo, 1972) era un politico francese del Terza Repubblica. Laureato in legge all’Università di Parigi diviene attivo nel movimento sindacale. Organizza il consiglio legale della Bourses du Travail nella segretaria riservata del primo ministro Pierre Waldeck-Rousseau dal 1898 al 1902. Dal 1909 al 1914 è deputato al Parlamento francese del Partito Radicale; nel 1911 ha ricoperto per breve tempo la carica di Ministro del lavoro. Dopo aver partecipato alla prima Guerra mondiale, era stato eletto all’Assemblea nazionale francese. Nel 1916 entra nel Partito Socialista francese, ma se ne allontana nel 1931 per unirsi al gruppo indipendente della Unione Socialiste Républicaine, che presto fonderà con il Parti Démocratique Républicain per formare il Parti Démocratique Républicain et sociale (PDRS). Eletto senatore nel 1931, ricoprirà questa carica fino all'istituzione del Régime di Vichy nel 1940. Dal 1932 al 1936 sarà delegato permanente alla Lega delle Nazioni. Ministro della guerra nel 1932, Primo ministro dal dicembre 1932 al gennaio 1933 e Ministro degli affari esteri in tre diversi periodi. Si opporrà alla formazione del governo di Vichy proponendo di continuare da Algeri la lotta contro l’occupazione nazista. Come membro dell'assemblea consultiva del 1944, ha condotto la delegazione francese al Congresso delle Nazioni Unite di San Francisco e firmato la Lettera delle Nazioni Unite a nome della Francia. Nuovamente senatore dal 1946 al 1948, morirà a Parigi nel 1972.
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